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Bullismo e babygang con implicazioni derivanti dal confronto con altre culture

Dr. Maurizio Montanari, psicoanalista

 

La pandemia ha sicuramente aumentato quelle che sono le forme di disagio psicologico che, chi fa di lavoro lo psicanalista o psicoterapeuta, è abituato a seguire. Ci sono dei dati, che noi conosciamo bene, che dimostrano, appunto, che i ricoveri nel mondo adolescenziale, disturbi psichici o patologie correlate, all’inizio del 2021 sono eguali a quelle di tutto il 2019. Quindi noi partiamo da questo, che è un dato oggettivo, dal quale però cercheremo di prendere le distanze per capire che cosa è avvenuto nel mondo adolescenziale in tempo di pandemia, in particolare il momento in cui c’è stato il cosiddetto lockdown: cioè il momento in cui le persone non potevano più uscire e avere rapporti con l’altro.

 

Le patologie psichiche durante la pandemia

Iniziamo da quella che è la clinica, che noi conosciamo bene. Abbiamo avuto un incremento elevatissimo di patologie che conoscevamo già: depressione, disturbi del comportamento alimentare, dipendenze, slatentizzazione di stati psicotici e agiti di aggressività. È abbastanza intuitivo capire il motivo, non si tratta mai di patologie che nascono ex novo, è un dire male affermare che il lockdown abbia creato le patologie, ha semplicemente disacerbato o slatentizzato patologie già esistenti. Pensiamo ad esempio agli agiti autolesionisti che sono qualcosa che noi vediamo quotidianamente all’interno della nostra associazione o i disturbi del comportamento alimentare che sono abbastanza spiegabili: le persone che hanno un problema col cibo, si sono trovate a convivere forzatamente con quello, il loro nemico, per mesi e mesi, senza poter uscire.

Un altro ancora, è stato il fenomeno della dipendenza, tutti sanno ormai che, anche se c’è stato il lockdown, i corrieri della droga giravano comunque a rifornire le persone, questo significa che l’abuso di sostanze come anfetamina, cocaina ed eroina ha avuto un’impennata all’interno del mondo adolescenziale, proprio perché tramite la rete, in questo periodo di iperconnessione, è stato possibile rifornirsi esattamente come prima, anzi, per certi versi con dei canali privilegiati, bastava la carta di credito e quant’altro.

Un’altra patologia, che ha visto il suo acuirsi, è stata la depressione. Noi abbiamo avuto delle cadute depressive importanti, sia in termini numerici sia in termini qualitativi. Ad essere colpiti sono stati soprattutto i soggetto melanconici, soggetti che tendono un po’ alla rarefazione dei contatti sociali, a stare a lato della vita, cioè individui che hanno bisogno di agganci sociali per essere inseriti all’interno del mondo. Chiaramente in questo periodo dove tutto era fermo, dove i contatti non si potevano avere, le persone che sono affette da melanconia hanno visto accelerare il percorso d’isolamento arrivando al punto di chiudere ogni tipo di contatto, emarginandosi dal mondo. E quando sono venuti in studio, quelli che sono venuti, o hanno avuto accesso alle strutture mediche psicologiche e psichiatriche hanno portato delle difficoltà importantissime, perché c’è stato uno stato di regressione e di tendenze suicidarie che ha allarmato tutti quelli che fanno questo mestiere.

 

L’aumento della violenza domestica

Questa è la clinica individuale, per quanto invece riguarda il sociale, c’è una questione che è relativa alla violenza. La violenza ha avuto, statisticamente parlando, un’impennata importante perché, anzitutto all’interno delle famiglie, la pandemia o il tempo di chiusura ci ha obbligato a fare i conti con tutto quello da cui noi cercavamo di fuggire e con il quale abbiamo cercato di venire a patti bypassando, cioè delegando a qualcuno la gestione di un infermo, di un malato. Ma la maggiore criticità è invece stata rappresentata da quelle coppie che non avevano più alcun senso, cioè non stavano insieme se non formalmente, avevano costruito la loro vita attorno a una serie di attività esterne, di impegni lavorativi, commissioni, proprio per evitarsi. Ecco, essere costretti a convivere con chi non si ama più, con persone con le quali non si vuole più stare assieme forzatamente, ha provocato delle esplosioni di ira famigliari, violente, in un numero che le cronache non riescono a riportare perché chiaramente pochissime di queste passano dal terzo della legge, cioè non cercano una denuncia.

 

Violenza giovanile

Questo è il primo dato che noi abbiamo visto. Come conseguenza, anche se il passaggio non è matematico, ma di tipo logico, abbiamo avuto un aumento della violenza all’interno del mondo giovanile, in quelle che oggi vengono definite le cosiddette baby gang. Dunque questo progetto, al quale io ho volentieri dato il mio contributo, tocca anche il disagio adolescenziale, cercando di dare qualche risposta a genitori che si trovano in forte impasse quando devono gestire qualcuno che viene a casa loro per dire che il loro figlio fa parte di una gang, va in giro a picchiare, taccheggiare, umiliare e ricattare, cosa che è molte volte qualcosa che sfugge al controllo dei genitori.

Il fenomeno è piuttosto conosciuto ed è sotto gli occhi di tutti. Sono forme di aggregazione violenta giovanile, dove dei gruppi piuttosto numerosi si incontrano per dare forma a quello che è in realtà un sadismo, cioè una violenza di gruppo. Prendono di mira qualcuno, molto spesso sono donne, persone anziane o disabili e mettono in atto una ferocia che è basata sul cercare di avere denaro, ma più che altro ha come scopo il controllo della persona, cioè l’estensione di un dominio di potere che questi gruppi cercano di far valere sul malcapitato di turno.

Nella zona dove abito, accadono episodi in quella che viene definita la via dell’umiliazione. Cioè, c’è un lungo percorso all’interno di questa città, che è costeggiato da tre o quattro di queste gang, questo significa che verso le sei di sera, anche un po’ prima, le ragazze che sono costrette a passare per il percorso vengono prima fotografate con il telefono, successivamente i gruppi si inviano reciprocamente le immagini di questa donna, che quando arriva alla fine viene intimidita, taccheggiata. A queste ragazze vengono poi fatte delle pesanti pressioni di tipo sessuale, tant’è che sono obbligate a fare retromarcia se non vogliono vivere ostaggio di questi. Quando ci sono di mezzo, invece, i fidanzati, ci sono azioni violente, tese a zittire la persona che difende la ragazza o a derubare degli oggetti personali, come il telefono, il tablet, denaro e quant’altro.

La questione che tocca le baby gang, anzitutto, è di tipo epistemologico. Noi utilizziamo il termine baby, banalizzando, e in maniera sbagliata, derubricando tutto a un fenomeno giovanile. Il concetto baby, che è utilizzato dal mondo adulto, per deresponsabilizzarsi, per chiamarsi fuori, relegando a una specie di universo giovanile incomprensibile un fenomeno che è difficile da gestire perché riguarda non solo l’educazione, ma anche l’ordine pubblico. Parlando con le persone, con le forze dell’ordine, gli educatori saranno i primi che vi diranno che il termine baby è assolutamente fuori luogo.

La caratteristica principale che attraversa questo fenomeno è lo sdoganamento di quello che noi definiamo uno stato di sadismo che prima era piuttosto chiuso, latente, ma che con la pandemia ha potuto finalmente uscire allo scoperto, perché con questo tempo di chiusura la legge è stata vista come lontana e questi gruppi si sono organizzati, si sono dati appuntamento. Le baby gang, infatti, vivono prima in maniera mediatica dove si creano, si uniscono, e poi in un luogo fisico. Molte volte le vittime sono identificate prima attraverso la rete, poi vengono cercate e poi vengono taccheggiate.

 

Il caso Manduria

L’esempio principe che porto sempre, e che ho anche commentato più volte è quello dei ragazzi di Manduria che hanno ucciso un signore disabile tormentandolo fino a farlo morire. C’è stato un dibattito importante, al quale ho partecipato, dove si parlava dei soliti luoghi comuni: vuoto adolescenziale, noia e quant’altro. Ho fatto presente che tanti della mia generazione hanno conosciuto tantissime estati fatte di noia, non per questo noi andavamo a fare del male alle persone, significa semplicemente che queste persone sono individui che hanno una forte tendenza al sadismo.

 

Cos’è il sadismo

Il sadismo è il desiderio, non tanto di fare del male a una persona, ma il soggetto sadico vive nel tenere l’angoscia dell’altro nelle proprie mani, cioè il potere, il controllo, sapere che l’altro vive nel terrore perché io ne determino le azioni e ne condiziono la quotidianità. Questi ragazzi che hanno preso di mira questo signore, che aveva questa disabilità psichica importante, fino a fargli del male, a colpirlo e a ucciderlo, non erano vittime di nulla, erano semplicemente individui che hanno potuto sdoganare liberamente un desiderio di imporre un dominio violento su qualcun altro, che loro già avevano dentro e che covavano.

 

Il contributo della famiglia

Queste baby gang obbediscono a questo tipo di logica, devono essere sicuramente disinnescate dall’interno della famiglia, la quale non ha tutte le colpe di questo mondo. I soggetti che sono portatori di rabbia, violenza, possono germinare in famiglie che sono assolutamente prive di queste caratteristiche. È necessario che ne vengano individuati da prima i segnali, che sono abbastanza riconoscibili, dopo non bisogna indugiare in tardivi tentativi di recupero o di educazione, bisogna ricordarsi che si tratta di piccoli adulti che commettono dei reati, quindi si entra direttamente all’interno di una questione più importante, che è quella dell’ordine pubblico. Una delle caratteristiche che non deve sfuggire è che questi comportamenti giovanili di violenza, di aggressione, sono in nuce col comportamento che poi determinerà e creerà quegli adulti che operano il loro sadismo e la loro violenza nei confronti delle donne. Le baby gang hanno nella ragazza un punto elettivo di dominio. Molti di questi diventeranno poi degli adulti che colpiscono e che picchiano, e che possono arrivare anche a uccidere le donne, ritenendole un oggetto controllabile e di loro proprietà.